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Definizione agevolata avvisi bonari alla prova del ravvedimento operoso

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I contribuenti potenziali destinatari di avvisi bonari, in considerazione di omessi o carenti versamenti, sono chiamati ad effettuare una scelta ben precisa: aspettare che l’Agenzia delle entrate recapiti loro l’avviso bonario, optando poi per la definizione agevolata, commi da 153 a 159 della Legge n. 197/2022, Legge di Bilancio 2023, oppure dribblare l’attesa sanando la propria posizione con il Fisco grazie al ravvedimento operoso, ex art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997. La scelta non deve essere valutata rispetto al ravvedimento speciale previsto sempre dalla Legge di Bilancio 2023, posto che tale ultima “sanatoria” deve ritenersi esclusa rispetto ai carichi potenzialmente oggetto di definizione agevolata degli avvisi bonari. Ma su questo aspetto, l’Agenzia delle Entrate ha ancora tanto da chiarire.

Detto ciò, la definizione agevolata degli avvisi bonari consente nello specifico di definire con modalità agevolate le somme dovute a seguito del controllo automatizzato (c.d. avvisi bonari), relative ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2019, al 31 dicembre 2020 e al 31 dicembre 2021, per le quali il termine di pagamento non sia ancora scaduto alla data di entrata in vigore della norma in esame, ovvero i cui avvisi siano stati recapitati successivamente a tale data.

Tali importi possono essere definiti con il pagamento:

  • delle imposte e dei contributi previdenziali;
  • degli interessi e delle somme aggiuntive;
  • delle sanzioni nella misura ridotta del 3% (in luogo del 10%), senza riduzione sulle imposte non versate o versate in ritardo.

Proprio rispetto agli avvisi non ancora recapitati, ma potenzialmente rientranti nella definizione agevolata, deve essere fatta la scelta citata in premessa.

In particolare, gli elementi che devono essere considerati sono: le sanzioni da pagare, 3% per la definizione agevolata degli avvisi bonari, variabile per il ravvedimento operoso, in base al momento in cui viene sanato il versamento rispetto alla sua scadenza originaria; bisogna mettere in conto quantomeno una sanzione del 3,75% posto che nella situazione oggetto di valutazione, sicuramente sono trascorsi almeno 90 giorni rispetto alla scadenza originaria del pagamento. Il 4,29%, se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione oppure, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore.

Ulteriori elementi da verificare sono gli interessi: 3,5%, interessi per ritardato pagamento, per gli avvisi bonari (vedi art. 6, comma 1 Decreto 21 maggio 2009), dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione. Oltre a quelli per un’eventuale rateazione, sempre al 3,5%. Gli interessi, al tasso legale invece per il ravvedimento operoso, dovranno essere calcolati, a partire dall’anno di commissione sulla base delle seguenti aliquote: 0,05 (2020); 0,01(2021); 1,5% (2022), 5% (2023).

Combinando le percentuali di interessi e sanzioni sembrerebbe che il ravvedimento sia più conveniente.

Tuttavia, nel complesso, non è sbagliato affermare che più ci allontaniamo dalla scadenza originaria del pagamento, più il ravvedimento sarà più caro soprattutto in termini di sanzioni.

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