Iva per i lavori non eseguiti

Iva anche sul corrispettivo dovuto per lavori non eseguiti. Il compenso pattuito per la realizzazione di un progetto immobiliare la cui esecuzione è stata interrotta a causa del recesso ingiustificato del committente, dovuto ugualmente al fornitore in base alla legge, va assoggettato all’imposta in quanto costituisce il corrispettivo della prestazione contrattualmente convenuta.

Lo ha dichiarato la Corte di giustizia Ue nella sentenza 28 novembre 2024, C-622/23. La questione era stata sollevata dai giudici austriaci nell’ambito di una controversia vertente sull’imponibilità del corrispettivo pattuito che, secondo la legge nazionale, spetta comunque al prestatore in caso di mancata esecuzione dell’opera che egli era disposto ad eseguire, ma non ha potuto farlo per cause imputabili al committente, corrispettivo dal quale deve essere però detratto quanto risparmiato conseguentemente dal fornitore.

La questione mirava in sostanza a chiarire se, in base all’art. 2, par. 1, lett. c) della direttiva 2006/112/CE del 28 novembre 2006 (direttiva Iva), l’importo contrattualmente dovuto in seguito alla risoluzione, da parte del committente della prestazione, di un contratto valido avente ad oggetto la fornitura di tale prestazione di servizi imponibile, che il prestatore aveva iniziato a fornire e che era disposto a completare, deve considerarsi come “il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso”.

Al riguardo, la Corte ricorda di avere già dichiarato che il controvalore del prezzo versato al momento della firma di un contratto relativo alla prestazione è costituito dal diritto che ne deriva per il cliente di usufruirne, indipendentemente dal fatto che egli si avvalga o meno di tale diritto. Così, il fornitore realizza tale prestazione nel momento in cui pone il cliente in condizione di usufruire della stessa, per cui l’esistenza del nesso diretto tra la prestazione e il controvalore non è compromessa dal fatto che il cliente non faccia uso di detto diritto.

Ha inoltre dichiarato che un importo predeterminato percepito da un operatore economico in caso di risoluzione anticipata da parte del proprio cliente di un contratto di prestazione di servizi di telecomunicazione per una certa durata è la remunerazione di una prestazione di servizi, sebbene tale risoluzione abbia implicato la disattivazione anticipata dei servizi previsti da tale contratto. Lo stesso vale, a maggior ragione, in una situazione quale quella in esame, in cui il prestatore aveva iniziato a fornire ed era disposto ad ultimare la prestazione per l’importo pattuito.

In un’ottica economica, aggiunge la Corte, l’importo dovuto in un caso di specie in base alla legge civile riflette non solo il corrispettivo convenuto per i servizi in questione, previa deduzione degli importi risparmiati (per cui esiste un nesso diretto tra l’importo di cui trattasi e il servizio reso), ma garantisce inoltre al prestatore di servizi una remunerazione contrattuale minima. Diverso è il caso della caparra che il prestatore è autorizzato a trattenere nell’ipotesi in cui il cliente annulli la prenotazione della camera, che la Corte ha dichiarato non soggetta all’Iva in quanto indennità forfettaria risarcitoria, non collegata ad alcuna prestazione.

In conclusione, “l’importo contrattualmente dovuto in seguito alla risoluzione, da parte del beneficiario di una prestazione di servizi, di un contratto validamente concluso avente ad oggetto la fornitura di tale prestazione di servizi, soggetta all’Iva, che il prestatore aveva iniziato a fornire e che era disposto a completare, deve essere considerato come costituente il corrispettivo di una prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, ai sensi della direttiva Iva”.