Ai sensi dell’art. 58, comma 2, primo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, “le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte”; inoltre, per effetto dell’art. 60, comma 3, primo periodo, del medesimo decreto, “le variazioni e le modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal sessantesimo giorno successivo a quello dell’intervenuta variazione anagrafica”.
Secondo un consolidato orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, dal combinato disposto delle due norme citate discende che – nell’ambito delle imposte sui redditi – in caso di variazione dell’indirizzo del proprio domicilio fiscale il contribuente-persona fisica non è assoggettato ad alcuno specifico onere di comunicazione all’ufficio tributario territorialmente competente (Corte di Cassazione n. 17109/2014 e n. 4997/2001).
Tale principio è stato ribadito ora dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 6 dicembre 2018, n. 52, depositata lo scorso 3 gennaio; nella pronuncia in commento, in particolare, gli Ermellini hanno sottolineato quanto segue:
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