La sola presenza di tavoli e sedie non prova lo svolgimento dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande
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La sola presenza di “tavoli e sedie abbinabili” non concretizza in modo univoco quel contesto organizzativo comprovante lo svolgimento dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, neppure quando il titolare dell’esercizio sia un esercente di laboratorio di gastronomia: lo ha affermato la sezione II-ter del Tar Lazio con la sentenza 30 maggio 2019, n. 6818.
Nella situazione descritta, infatti – sottolineano i giudici amministrativi – nulla, difatti, autorizza a ritenere che i prodotti di laboratorio vengano, oltre che legittimamente venduti per asporto, anche (illegittimamente) consumati sul posto.
Nell’occasione è stato inoltre precisato quanto segue:
- l’artigiano alimentare non iscritto all’albo altro non è che un soggetto che svolge attività di produzione e trasformazione alimentare per la quale necessita di una Scia di laboratorio di gastronomia: titolo che è necessario per avviare detta attività ma che non permette assolutamente né la vendita né il consumo sul posto di prodotti di propria produzione laboratoristica;
- l’artigiano alimentare (cioè l’esercente attività di laboratorio) non iscritto all’albo, ma detentore di una licenza di vicinato alimentare svolge attività soggetta alla disciplina commerciale. Può vendere prodotti alimentari (compresi, ai soli fini di asporto, quelli prodotti e trasformati in sede) ma il decreto Bersani (D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modifiche dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248) gli permette di far consumare sul posto i soli prodotti di gastronomia. Non può far consumare sul posto i prodotti alimentari di propria produzione. Nessuna norma lo abilita a tanto e la violazione di tale precetto – utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda e pur con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione – si traduce in una attività di somministrazione non consentita in quanto non detentore di una licenza di cui all’art. 5, lettera a), della Legge n. 287/1991. La normativa in esame è infatti finalizzata a prevenire fenomeni elusivi che utilizzino l’esercizio di vendita come un vero e proprio ristorante o esercizio di somministrazione, sottraendosi ai requisiti soggettivi e strutturali cui quest’ultimo è soggetto.
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