Le prestazioni di trasporto pubblico urbano con la contestuale offerta anche di servizi con finalità turistico-ricreative (come ad esempio animazione a bordo, somministrazione di bevande e biglietto di ingresso nelle strutture da visitare), non fruisce del regime di esenzione dall’Iva di cui all’art. 10, comma 1 , n. 14), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, poiché tali servizi non possono considerarsi accessori o secondari al trasporto, avendo una loro autonoma utilità.
Lo ha precisato – ai fini della configurabilità del reato di omessa presentazione della dichiarazione Iva – la terza sezione penale della Corte di Cassazione con la sentenza 28 marzo 2018, n. 46715, depositata lo scorso 15 ottobre.
In altre parole, tali prestazioni, anzichè costituire il mezzo per fruire delle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore – cioè il trasporto – rappresentano invece prestazioni per nulla accessorie e da considerare a sè stanti per finalità lucrative.
Al riguardo i giudici di legittimità hanno sottolineato che:
A conclusioni analoghe approdò l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione 28 maggio 2003, n. 117/E.
Si ricorda che ai sensi della richiamata norma del decreto Iva, sono esenti le prestazioni di trasporto urbano di persone effettuate mediante veicoli da piazza o altri mezzi di trasporto abilitati ad eseguire servizi di trasporto marittimo, lacuale, fluviale e lagunare. A tal fine si considerano urbani i trasporti effettuati nel territorio di un comune o tra comuni distanti tra loro non più di 50 chilometri.
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