Il divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede (promotore finanziario) non rientra nell’ambito applicativo della Direttiva n. 2010/78/UE o delle disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, nonché dei principi di non discriminazione e di proporzionalità: lo ha precisato la seconda sezione della Corte di Giustizia Ue con la sentenza 8 maggio 2019, nella causa C-53/18 (promossa dal Tar del Lazio).
In altre parole, gli eurogiudici hanno affermato che la Direttiva n. 2004/39/CE, come modificata dalla Direttiva 24 novembre 2010, n. 2010/78/UE (cosiddetta direttiva MiFID), e segnatamente gli articoli 8, 23, 50 e 51, gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché i principi di non discriminazione e di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che, un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede non rientra né nell’ambito di applicazione di tale direttiva, né in quello degli articoli 49 e 56 TFUE, e neppure in quello dei principi di non discriminazione e di proporzionalità.
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