In caso di erroneo assolvimento dell’Iva in via ordinaria in luogo del meccanismo dell’inversione contabile, rileva l’art. 6, comma 9-bis.1 , del D.Lgs. n. 471/1997 , ai sensi del quale nell’ipotesi in cui l’imposta sia stata erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli articoli 19 e seguenti D.P.R. n. 633/1972, il cessionario o il committente non è tenuto a versare l’imposta, ma è soggetto – solidalmente con il cedente/prestatore – ad una sanzione amministrativa tra 250 e 10.000 euro.
Tale fattispecie viene trattata più rigorosamente (sanzione dal 90 al 180 per cento dell’imposta) qualora l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari anziché mediante l’inversione contabile sia accompagnata da intenti fraudolenti con la consapevolezza del cessionario o committente. Come precisato con la Circolare 11 maggio 2017, n. 16/E, la citata sanzione compresa tra 250 e 10.000 euro è dovuta in base a ciascuna liquidazione (mensile o trimestrale) e con riferimento a ciascun fornitore.
Tali principi sono stati ora ribaditi dall’Agenzia delle Entrate con la Risposta all’istanza di interpello 22 luglio 2021, n. 501 . Al riguardo si ricorda che con la Risposta 7 giugno 2021, n. 393 , fu precisato che, qualora l’Iva sia stata assolta, seppur irregolarmente dal cessionario mediante il meccanismo dell’inversione contabile:
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