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Fondazioni, regolato dagli artt. 67 e 68 Tuir il passaggio di partecipazioni dalla sfera istituzionale a quella commerciale

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Con la Risposta all’istanza di interpello 21 ottobre 2020, n. 489, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale del trasferimento di partecipazioni dalla sfera istituzionale a quella commerciale di una fondazione. In particolare è stato precisato che tali partecipazioni non rientrano nell’ambito applicativo dell’art. 65, comma 3-bis, del Tuir, il quale regola il passaggio all’impresa dei beni strumentali provenienti dal patrimonio personale dell’imprenditore individuale, stabilendo che, ai fini fiscali, per tali beni è riconosciuto il costo determinato ai sensi del D.P.R. 23 dicembre 1974, n. 689, da iscrivere tra le attività relative all’impresa nell’inventario di cui all’art. 2217 c.c. oppure, per le imprese di cui all’art. 66, nel registro dei cespiti ammortizzabili.

Nella fattispecie descritta, infatti, l’immissione delle partecipazioni nell’ambito del regime di impresa costituisce un evento realizzativo e quindi la valorizzazione delle partecipazioni deve avvenire ai sensi degli articoli 67 e 68 del Tuir e le eventuali plusvalenze saranno determinate confrontando il valore normale del bene “conferito” nell’area commerciale con il suo costo di acquisto, in quanto i beni saranno comunque immessi nel circuito del reddito di impresa.

Si ricorda che, con la Risposta 22 giugno 2020, n. 189, l’Agenzia aveva precisato che:

  1. se da un lato l’art. 88, comma 4, del Tuir si applica anche agli apporti di capitale operati dai fondatori nell’ambito della fondazione, dall’altro il principio della totale irrilevanza fiscale è limitato agli apporti effettuati in forma di versamenti a fondo perduto o in conto capitale;
  2. concorrono invece alla formazione del reddito le liberalità e i diversi tipi di contributi finalizzati a sostenere direttamente l’attività commerciale, coprendo i costi di esercizio o di acquisto di beni strumentali o altri costi, a prescindere dal soggetto che le eroga.

Il documento in esame precisava inoltre che, per potersi qualificare come non commerciale ai sensi dell’art. 73, comma 1, lettera c), del Tuir, un ente non deve avere come oggetto, esclusivo o principale, l’esercizio di attività commerciali. A tal fine, per “oggetto principale” si intende quello considerato essenziale ai fini della realizzazione degli scopi primari indicati dall’atto costitutivo o dallo statuto.

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