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Il redditometro dispensa il Fisco da qualunque ulteriore prova

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L’accertamento fiscale effettuato con il metodo “sintetico”, sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il redditometro, dispensa l’Amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, sicché è legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore: lo ha precisato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 1° dicembre 2020, n. 27401 , in linea con un consolidato orientamento formatosi in materia (tra le altre si segnala Cass. 10 agosto 2016, n. 16912).

Per i giudici di legittimità, inoltre:

  1. qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali e il contribuente deduca che tale spesa sia il frutto di liberalità, la relativa prova dev’essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento (Cass. 26 gennaio 2016, n. 1332);
  2. in materia di accertamento sintetico, non è sufficiente la dimostrazione, da parte del contribuente, della disponibilità di redditi ulteriori rispetto a quelli dichiarati, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che tali redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, dev’essere fornita quella delle circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere (Cass. 10 luglio 2018, n. 18097);
  3. in materia di accertamento sintetico, qualora il contribuente deduca che la spesa sia il frutto di liberalità o di altra provenienza, la relativa prova dev’essere fornita con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento, pur non essendo lo stesso tenuto, altresì, a dimostrare l’impiego di detti redditi per l’effettuazione delle spese contestate, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica (Cass. 28 marzo 2018, n. 7757).

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