È posto in capo al curatore fallimentare l’onere di smaltire i rifiuti abbandonati (di cui all’art. 192 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152) nell’area su cui opera l’impresa e i relativi costi gravano sulla massa fallimentare: lo ha affermato l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 16 dicembre 2020, n. 3/2021, depositata lo scorso 26 gennaio (e riportata sul sito della Giustizia amministrativa).
Per i giudici di Palazzo Spada, in particolare:
Non rilevano pertanto le nozioni nazionali sulla distinzione tra il possesso e la detenzione: “ciò che conta – ha precisato il Consiglio di Stato – è la disponibilità materiale dei beni, la titolarità di un titolo giuridico che consenta (o imponga) l’amministrazione di un patrimonio nel quale sono compresi i beni immobili inquinati”. La curatela fallimentare, che ha la custodia dei beni del fallito, anche quando non prosegue l’attività imprenditoriale, non può quindi invocare l’esimente di cui al richiamato art. 192, lasciando abbandonati i rifiuti risultanti dall’attività imprenditoriale dell’impresa cessata.
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