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Limiti alle note di variazione nei contratti contenenti sistemi “progressivi” di determinazione del prezzo

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Con il Principio di diritto 11 gennaio 2021, n. 1, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ai presupposti che legittimano l’emissione di una nota di variazione nei casi in cui il contratto di compravendita di un complesso di beni preveda un sistema “progressivo” di determinazione del prezzo, in applicazione del quale le parti, se in disaccordo rispetto al valore dei beni, possono rimettere la valutazione finale degli stessi a soggetti terzi.

Nella situazione descritta, l’eventuale nota di variazione emessa (ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. 633/72) per recuperare le somme già fatturate in misura superiore a quanto definitivamente dovuto, non è riconducibile al caso del sopravvenuto accordo tra le parti, cui si applica il limite temporale dell’anno previsto dal terzo comma del richiamato art. 26.

Al riguardo si ricorda che, ai sensi del medesimo art. 26, commi 2 e 3, del D.P.R. 633/1972, le note di credito (cioè le note di variazione in diminuzione dell’imponibile o dell’Iva), diversamente dalle note di debito, sono facoltative e possono essere emesse:

  1. senza limiti temporali, in caso di:
    • dichiarazione di nullità, annullamento, o rescissione del contratto;
    • risoluzione, recesso, revoca del contratto;
    • obbligo derivante da precise disposizioni di legge (ad esempio, ritiro dal mercato di un prodotto difettoso);
    • successiva applicazione di sconti o abbuoni, se previsti nel contratto originario;
    • mancato pagamento parziale ovvero totale del credito a causa di procedure concorsuali o esecutive rimaste infruttuose;
    • errori nella fatturazione quali, ad esempio:
      1. erroneo assoggettamento di operazioni ad Iva con aliquota ordinaria anziché agevolata (del 4 oppure del 10 per cento);
      2. erroneo assoggettamento ad Iva di un’operazione esclusa;
    • concessione di sconti oppure di abbuoni non previsti contrattualmente (Risoluzione 29 marzo 1991, n. 561299);
  2. entro il termine di un anno dall’effettuazione dell’operazione imponibile originaria, in caso di:
    • errori nella fatturazione quali, ad esempio:
      1. erroneo assoggettamento di operazioni ad IVA con aliquota ordinaria anziché agevolata (del 4 oppure del 10 per cento);
      2. erroneo assoggettamento ad Iva di un’operazione esclusa;
      3. concessione di sconti ovvero abbuoni non previsti contrattualmente.

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