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Nei contratti pubblici la P.A. può valutare la congruità del compenso del professionista

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Nell’ambito degli appalti pubblici non può essere condiviso il principio secondo cui alla stazione appaltante sarebbe preclusa qualsiasi valutazione in merito alla congruità del costo del lavoro della prestazione offerta, solo perché tra l’impresa e il prestatore d’opera di lavoro non dipendente esiste la libera contrattazione del compenso: lo ha affermato il Tar Sardegna con la sentenza 5 dicembre 2018, n. 94, depositata lo scorso 5 febbraio 2019.

Per i giudici amministrativi, in particolare, qualora si affermasse la correttezza di tale principio, alle stazioni appaltanti sarebbe preclusa ogni forma di controllo sulla serietà e sostenibilità del costo del lavoro delle offerte presentate e della stessa serietà dell’offerta, soprattutto quando il costo del lavoro ne è, come nella fattispecie, un elemento preponderante.

Inoltre – si sottolinea nella pronuncia in commento – da una lettura sistematica delle disposizioni della Direttiva 24/2014, delle disposizioni del Codice dei contratti pubblici, nonché dei principi che presidiano l’intera materia degli appalti si può giungere alla conclusione che la stazione appaltante non può completamente omettere di valutare, in sede di giudizio di anomalia dell’offerta, le modalità con le quali l’operatore economico che aspira ad ottenere una commessa pubblica, intende utilizzare e compensare i propri collaboratori.

Alcuni parametri normativi, quindi, esistono comunque, perlomeno come punto di riferimento per valutare la serietà e attendibilità di un’offerta e del costo del lavoro nella stessa dichiarato; in tal senso vanno visti il diritto del lavoro (subordinato e autonomo) così come la disciplina del codice del consumo, che dettano disposizioni di mitigazione della forza contrattuale del committente (si pensi ad esempio all’art. 3 della Legge 22 maggio 2017, n. 81).

Le conclusioni alle quali approda il Tar non contrastano con il principio generale secondo cui anche in un giudizio sull’anomalia dell’offerta non possano essere sindacate le modalità di organizzazione interna di un operatore economico, né è possibile ritenere che debbano essere imposti determinati tipi contrattuali in luogo di altri per ottenere la collaborazione dei prestatori d’opera.

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