Non è impugnabile l’annullamento parziale adottato in autotutela
L’annullamento parziale adottato dal Fisco in via di autotutela non è impugnabile, non rientrando nell’ambito applicativo dell’art. 19 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: tale atto, infatti, non comporta “alcuna effettiva innovazione lesiva degli interessi del contribuente rispetto al quadro a lui noto e consolidato per la mancata tempestiva impugnazione del precedente accertamento”: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 24 ottobre 2018, n. 29595 , depositata lo scorso 16 novembre.
Nell’occasione, i giudici di legittimità – aderendo ad un orientamento ormai consolidato – hanno ammesso invece l’autonoma impugnabilità del nuovo atto qualora sia “di portata ampliativa rispetto all’originaria pretesa” (in tal senso si richiamano le pronunce della Suprema Corte n. 7511/2016 e n. 25673/2016).
Tale orientamento giurisprudenziale ha inteso superare la tesi opposta (sostenuta dalla Corte di Cassazione con la pronuncia n. 14243/2015), secondo la quale è impugnabile l’annullamento parziale, adottato nell’esercizio del potere di autotutela, di un avviso impositivo già definitivo, “trattandosi di un atto contenente la manifestazione di una compiuta e definitiva pretesa tributaria, rispetto a cui, pur se riduttivo dell’originaria pretesa, non può privarsi il contribuente della possibilità di difesa”.
Si ricorda infine che per gli Ermellini la cartella esattoriale di pagamento che fa seguito ad un avviso di accertamento divenuto definitivo, si esaurisce in una intimazione di pagamento della somma dovuta in base all’avviso e non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo.
Di conseguenza, per effetto dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, essa resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto di accertamento da cui è sorto il debito (Corte di Cassazione nn. 25995/2017, 11149/2014, 16641/2011 e 17937/2004).
Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione della cartella, una volta che l’avviso di accertamento prodromico sia divenuto definitivo, ad esempio per mancata impugnazione, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione della cartella predetta (in tal senso si richiamanto le pronunce della Corte di Cassazione nn. 13396/2016, 16641/2011 e 24312/2018).