I diritti di imbarco corrisposti dal vettore aereo, che ne trasla il costo sul passeggero, devono essere compresi nella base imponibile dell’Iva relativa alle somme riscosse dal vettore per l’espletamento del servizio di trasporto: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 15 maggio 2019, n. 24689, depositata lo scorso 3 ottobre. Per i giudici di legittimità, infatti:
Di conseguenza, i diritti d’imbarco devono essere necessariamente corrisposti e devono esserlo dal vettore, il quale ne trasla il costo sul passeggero. Nel contesto descritto, la Suprema Corte ha altresì sottolineato l’importanza di distinguere tra il pagamento di tasse e diritti aeroportuali e il pagamento di corrispettivi per l’uso delle infrastrutture e dei beni dell’aerostazione: al riguardo rileva l’art. 9, comma 1, n. 6), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale esclude l’imponibilità dei “servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto (…)”, al novero dei quali sono estranei i diritti d’imbarco.
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