Superbonus e cessione del credito: differenziale positivo non imponibile per lo studio associato
Il differenziale positivo tra l’importo nominale del credito e il relativo prezzo di acquisto non genera reddito imponibile in capo allo studio professionale. Lo ha chiarito l’Agenzia delle entrate con la risposta ad interpello n. 472/E del 30 novembre .
La fattispecie analizzata riguardava uno studio associato esercente l’attività professionale dei dottori commercialisti, che ha acquistato crediti d’imposta riconducibili alla detrazione superbonus, di cui all’art. 119 del D.L. n. 34/2020. Il prezzo di acquisto dei crediti differiva dal loro valore nominale, con conseguente emersione di un differenziale positivo.
Con riferimento ai profili fiscali dell’operazione l’Agenzia delle entrate chiarisce che:
- in assenza di una espressa previsione normativa, volta ad attribuire rilevanza reddituale all’eventuale differenziale positivo tra l’importo nominale del credito e il prezzo di acquisto dello stesso
- e stante la non riconducibilità di tale differenziale in una delle categorie reddituali previste dal TUIR: è esclusa, secondo l’Agenzia, la riconducibilità sia nei redditi di capitale (l’acquisto non costituisce un impego di capitale nel senso previsto dall’art. 44 Tuir), sia nei redditi professionali (in quanto non relativo ad una prestazione eseguita dai professionisti dello studio stesso), sia nei redditi diversi (non essendo annoverato nell’elencazione tassativa recata dall’art. 67 Tuir),
detto acquisto non genera, in linea di principio, reddito imponibile in capo allo studio associato interpellante.