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Validità della notifica presso la sede della società

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Con l’ordinanza n. 12071 depositata in data 13 giugno 2016, la Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, è tornata ad occuparsi della questione relativa alla validità della notifica di un atto tributario consegnato presso la sede legale della società, indipendentemente dalla persona fisica che lo abbia ricevuto.

In particolare, nel caso in esame la CTP Latina aveva rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’intimazione di pagamento notificata alla medesima da Equitalia relativa all’imposta IRPEF per l’annualità 2006.

La società ricorrente proponeva impugnazione avanti la CTR che annullava la cartella esattoriale.

In sostanza, la CTR osservava che la notifica dell’atto impositivo era da considerarsi nulla poiché l’avviso di ricevimento della raccomandata risultava essere stato consegnato “alla madre del contribuente”. Tale soggetto non poteva essere considerato legittimato alla ricezione degli atti indirizzati alla società, non potendosi applicare nel caso di specie l’articolo 139 c.p.c., poiché il destinatario era una persona giuridica.

L’Ufficiale Giudiziario, quindi, secondo i giudici di merito, avrebbe dovuto consegnare l’atto o al legale rappresentante della società o al soggetto incaricato alla ricezione degli atti o al portiere dello stabile, così come effettivamente previsto dall’articolo 145 c.p.c..

L’Ufficio decideva di procedere dunque con ricorso per Cassazione deducendo come unico motivo la violazione dell’articolo 26 D.P.R. 602 /1973.

Nello specifico l’Ente impositore argomentava che la notifica essendo eseguita direttamente dal concessionario non richiedeva la compilazione della relata di notifica. Non solo, la notifica eseguita nelle mani di un soggetto rinvenuto presso la sede della società non poteva considerarsi invalida, poiché era lecita la presunzione che tale soggetto fosse incaricato alla ricezione degli atti destinati alla società.

La società contribuente, rilevando l’infondatezza del ricorso, si costituiva in giudizio depositando controricorso e una successiva memoria.

La Corte di Cassazione, nell’accogliere il ricorso proposto dall’Ufficio, ha evidenziato che la Commissione tributaria in sede di gravame aveva errato nel ritenere invalida la notifica della cartella esattoriale, eseguita nelle mani della persona fisica qualificatosi come madre del contribuente, poiché tale status non era congruente rispetto alla natura della persona giuridica destinataria dell’atto (la CTR aveva viceversa ritenuto che la medesima non avesse i requisiti richiesti dall’articolo 145 c.p.c, ossia  quello di legale rappresentante ovvero quello di addetto alla ricezione atto o di portiere dello stabile del luogo di notifica).

Non solo. La Suprema Corte, richiamando un principio giurisprudenziale già ormai consolidato, ha riconosciuto “sotto il profilo probatorio, la presunzione in base alla quale deve ritenersi che la persona rinvenuta nella sede della società, legale o effettiva, sia addetta alla ricezione degli atti diretti alla persona giuridica” (Cass. n. 21942/2010 e Cass. n. 14865/2012).

Ad avviso del Giudice di legittimità, quindi, al fine di determinare la validità della notificazione di una cartella di pagamento a una persona giuridica, l’Ufficiale Giudiziario non deve necessariamente ricercare presso la sede legale della società la presenza del legale rappresentante, non essendo richiesto dalla normativa di riferimento, ma è sufficiente “che il consegnatario sia legato alla persona giuridica da un particolare rapporto che, non dovendo necessariamente essere di prestazione lavorativa, può risultare anche dall’incarico, eventualmente provvisorio o precario, di ricevere la corrispondenza destinata alla società”. Ne consegue che se dall’esame della relata di notifica eseguita dall’Ufficiale giudiziario emerge la presenza di una persona presso la sede della società, questa si deve presumere che sia stata incaricata alla ricezione degli atti destinati all’ente giuridico.

Unico soggetto che può far venir meno tale presunzione è la stessa società che ha necessariamente l’onere di dimostrare che la persona, che ha ricevuto in consegna l’atto, non ha alcun tipo di rapporto lavorativo con la medesima e che non è stata incarica di ricevere alcun atto.

Pertanto, sulla base di quanto affermato nella pronuncia in esame, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto dall’Ufficio, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della CTR Lazio per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

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