Il rimborso dell’Iva è dovuto quando il contribuente si trova “strutturalmente” a credito perché esercita un’attività che comporta l’effettuazione abituale di operazioni attive soggette ad aliquote inferiori rispetto a quelle applicate sugli acquisti o sulle importazioni. Infatti:
Al riguardo, con la Risposta all’istanza di interpello 13 ottobre 2020, n. 469, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il richiamato art. 30, comma 2, lettera a), del D.P.R. 633/72, non è applicabile in caso di effettuazione prevalente di cessioni di beni eseguite mediante introduzione in un deposito Iva (ex art. 50-bis, comma 4, lettera c, del D.L. 331/93): si tratta di operazioni effettuate senza pagamento dell’Iva, che dev’essere assolta dal soggetto che esegue l’estrazione dei beni dal deposito Iva.
È comunque possibile chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile ai sensi dell’art. 30, comma 3, del decreto Iva, secondo cui, anche fuori dei casi previsti nel comma precedente, il contribuente “può chiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenze detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze”.
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