No “autonoma organizzazione” se il professionista è socio o dipendente
Ai fini Irap, l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di una società di cui il professionista è socio o dipendente, non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione: tale principio è stato ribadito dalla quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 22 ottobre 2020, n. 9071 , depositata lo scorso 1° aprile (in tal senso si richiama Cass. 2 settembre 2016, n. 17566 ).
Per i giudici di legittimità, inoltre, in materia di Irap la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione determina l’assoggettamento del lavoratore autonomo all’imposta, “indipendentemente dai riflessi immediati che la stessa cagiona sull’entità del suo reddito, dovendo il giudice del merito accertare, in concreto, i presupposti della fattispecie impositiva, in considerazione della eventuale eccedenza, rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio della professione, della dotazione dei mezzi strumentali a disposizione del professionista e delle specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni lavorative di cui egli si avvale” (a tal fine si richiama anche Cass. 27 giugno 2019, n. 17245 ).
Si ricorda che per la Suprema Corte, l’esercizio in forma associata di una professione liberale (nella specie dottore commercialista) rientra nell’ipotesi regolata dall’art. 3, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e costituisce quindi presupposto dell’imposta, prescindendosi completamente dal requisito dell’autonoma organizzazione (Cass. n. 16784/2010 , n. 15245/2010 e n. 13716/2010 ).
Ciò in quanto “l’esercizio in forma associata di una professione liberale (nella specie, dottore commercialista) è circostanza di per sé idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, ancorché non di particolare onere economico, nonché dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, sì da potersi ritenere che il reddito prodotto non sia frutto esclusivamente della professionalità di ciascun componente dello studio.
Ne consegue che legittimamente il reddito dello studio associato viene assoggettato all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), a meno che il contribuente non dimostri che tale reddito è derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati” (Cass. n. 13570/2007 e n. 17186/2008).