Secondo un consolidato orientamento assunto presso la giurisprudenza di legittimità, la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione – e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione “per relationem” – qualora si limiti a riprodurre la decisione confermata, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull’inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi (in tal senso si segnalano ad esempio le pronunce della Corte di cassazione 20 aprile 2005, n. 6221 e 21 novembre 2012, n. 49754).
In questo caso, quindi, l’omissione motivazionale finisce col viziare sul punto la sentenza impugnata e ne impone l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio.
Tale principio è stato ora ribadito dalla terza Sezione penale della Suprema Corte con la sentenza 23 novembre 2017, n. 6216, depositata lo scorso 9 febbraio.
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