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Operazioni oggettivamente inesistenti, non è determinante l’avvenuto versamento dell’Iva

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Con riferimento all’Iva, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell’imposta non può in alcun modo farsi discendere – anche sul piano probatorio – dal solo fatto dell’avvenuta corresponsione dell’imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi altresì l’inerenza dell’operazione all’impresa. Tale requisito è certamente mancante in relazione al pagamento dell’Iva corrisposta per operazioni (anche parzialmente) inesistenti, in quanto di per sé inidoneo a configurare un pagamento a titolo di rivalsa, trattandosi di costo non inerente all’attività dell’impresa, ed anzi potenziale espressione di detrazione verso finalità ulteriori e diverse, tali da rompere il detto nesso di inerenza: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 29 gennaio 2020, n. 8919, depositata lo scorso 14 maggio (in senso analogo la Suprema Corte si era espressa con le pronunce 19 gennaio 2010, n. 735, e 8 aprile 2015, 6973).

In linea generale, si ricorda che, qualora l’Ufficio ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti, cioè sia una mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere da alcuno o siano intercorse tra soggetti che non siano le genuine controparti e quindi contesti l’indebita detrazione dell’Iva e/o deduzione dei costi, ha l’onere di fornire elementi probatori del fatto che l’operazione fatturata non sia stata effettuata. Secondo la giurisprudenza di legittimità, per il Fisco è sufficiente provare ad esempio la mancanza di sede, la mancanza di iscrizione o l’omesso versamento delle imposte da parte della società emittente la fattura. A quel punto, passerà sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate (Cass. 6 aprile 2020, n. 7693).

Per gli Ermellini, inoltre, con riferimento al tema delle fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, sorge l’esigenza di tutelare della buona fede del contribuente, anche in applicazione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenze 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling, C- 439/04 e C- 440/04, 21 giugno 2012, Mahagè ben e David, C- 80/11, e C- 142/11, 6 settembre 2012, Toth, C-324/11, 6 dicembre 2012, causa C-285/11, e 31 gennaio 2013, Stroy Trans, causa C-642/11).

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