Split payment, le Entrate confermano l’efficacia costitutiva degli elenchi
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Ai fini della individuazione dei nuovi soggetti interessati allo split payment (per effetto delle novità introdotte dall’art. 3 del D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modifiche dalla Legge 4 dicembre 2017, n. 172), rilevano gli elenchi pubblicati dal Mef il 19 dicembre 2017.
Si tratta in particolare delle seguenti categorie:
- società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri;
- enti o società controllate dalle Amministrazioni Centrali;
- enti o società controllate dalle Amministrazioni Locali;
- enti o società controllate dagli Enti Nazionali di Previdenza e Assistenza;
- enti, fondazioni o società partecipate per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70 per cento, dalle Amministrazioni Pubbliche;
- società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana.
In merito, con la Circolare 7 maggio 2018, n. 9/E, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che:
- attraverso la consultazione di tali elenchi i soggetti passivi Iva che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizi potranno verificare le informazioni relative ai loro cessionari/committenti e stabilire se applicare la scissione dei pagamenti;
- la disciplina dello split payment ha effetto dalla data di effettiva inclusione del soggetto nell’elenco e della pubblicazione dell’elenco sul sito del Dipartimento delle Finanze; l’eventuale rilascio dell’attestazione di cui all’art. 17-ter, comma 1-quater, del D.P.R. n. 633/1972 da parte del cessionario/committente in contrasto con il contenuto degli elenchi è da ritenersi priva di effetti giuridici;
- è corretto il comportamento del contribuente che, nelle more di aggiornamento dell’elenco, si sia comportato coerentemente agli elenchi medesimi;
- qualora il contribuente, nelle more dell’aggiornamento dell’elenco, si sia comunque comportato come un soggetto riconducibile nell’ambito soggettivo dello split payment e l’Iva relativa agli acquisti sia stata assolta, ancorché in modo irregolare, secondo le modalità di cui al D.M. 23 gennaio 2015, non è necessario “regolarizzare” i comportamenti posti in essere antecedentemente all’inclusione nell’elenco.