Ai sensi dell’art. 63 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, in materia di accertamento Iva l’Agenzia delle Dogane è competente allorquando l’atto impositivo si fondi, in base alla prospettazione della stessa Agenzia, sulla supposta evasione dell’Iva all’importazione non corrisposta in dogana, al momento dell’importazione, all’interno degli spazi doganali (ad esempio per una infedele dichiarazione del contribuente nella bolletta doganale circa la destinazione della merce importata).
Per effetto dell’art. 50-bis, comma 5, del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modifiche dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, è competente l’ufficio doganale che già esercita il controllo sulla gestione dei depositi Iva, in caso di riscontrate irregolarità nell’utilizzo del deposito stesso in base alla documentazione contabile verificata presso il medesimo deposito, prima della estrazione delle merci.
L’Agenzia delle Entrate è invece funzionalmente competente alla riscossione dell’Iva intracomunitaria in caso di mancata coincidenza dell’immissione in libera pratica con l’immissione al consumo, all’atto della estrazione delle merci dai depositi Iva. I principi che precedono, affermati in precedenza dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza 4 ottobre 2018, n. 24276 , sono stati ora ribaditi dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 11 dicembre 2018, n. 9223, depositata lo scorso 3 aprile.
Nell’occasione, in particolare, i giudici di legittimità hanno sottolineato quanto segue:
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