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L’annullamento dell’atto in autotutela conduce all’estinzione del giudizio

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Qualora l’avviso di accertamento sia stato annullato, dev’essere dichiarata l’estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del contendere: lo ha precisato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 18 novembre 2020, n. 4006, depositata lo scorso 16 febbraio.

Per i giudici di legittimità, infatti, il sopravvenuto annullamento dell’atto impugnato non consente la prosecuzione del giudizio che non potrebbe conseguire alcun risultato utile per il contribuente, stante l’inammissibilità, nel processo tributario, di pronunce di mero accertamento dell’illegittimità della pretesa erariale (Cass. 28 dicembre 2018, n. 33587).

Con l’ordinanza 1° dicembre 2020, n. 27405, la Suprema Corte aveva affermato che, nell’ambito del processo tributario, la causa di estinzione del giudizio prevista dall’art. 46 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per cessazione della materia del contendere, in conseguenza dell’annullamento in via di autotutela dell’atto recante la pretesa fiscale, dev’essere dichiarata con sentenza che operi alla stregua di cassazione senza rinvio, in quanto l’avvenuta composizione della controversia, per il venir meno di ragioni di contrasto fra le parti, impone la rimozione delle sentenze emesse non più attuali, perché inidonee a regolare il rapporto fra le parti (in tal senso si segnalano anche Cass. 9 settembre 2016, n. 17817, 18 aprile 2017, n. 9753, e 11 aprile 2019, n. 10178).

Si ricorda che, ai sensi del richiamato art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992 (“Estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere”):

  1. il giudizio si estingue, in tutto o in parte, nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge e in ogni altro caso di cessazione della materia del contendere;
  2. la cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del Presidente o con sentenza della Commissione;
  3. avverso il provvedimento presidenziale può essere presentato reclamo ai sensi dell’art. 28 del citato D.Lgs. n. 546/1992.

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