Nel processo tributario, qualora l’appellante notifichi l’atto di gravame avvalendosi non dell’ufficiale giudiziario, ma della spedizione diretta a mezzo piego raccomandato (consentita dall’art. 16, comma 3, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), la disciplina applicabile è quella concernente il servizio postale ordinario dettata dal D.P.R. 29 maggio 1982, n. 655: lo ha affermato la quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 27 febbraio 2020, n. 13551, depositata lo scorso 2 luglio (in tal senso si segnala anche Cass. 7 dicembre 2016, n. 25095). Di conseguenza – hanno precisato i giudici di legittimità – non vi è bisogno di alcuna relata e, ai fini della ritualità della notificazione, ciò che vale è unicamente la sottoscrizione dell’Ufficiale postale.
Si ricorda che, ai sensi del richiamato terzo comma dell’art. 16 del D.Lgs. 546/1992, le notificazioni possono essere fatte anche direttamente a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto, ovvero all’Ufficio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia.
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