Legittime le indagini bancarie estese ai congiunti dell’amministratore della società contribuente
Per la Corte di Cassazione, sono legittime le indagini bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, oppure a quelli degli amministratori della società contribuente, in quanto sia l’art. 32 , n. 7), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, riguardo alle imposte sui redditi, che l’art. 51 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, relativamente all’Iva, autorizzano l’Ufficio a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente.
Tale ipotesi è ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a giustificare – salva prova contraria – la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate su conti correnti bancari degli indicati soggetti (in tal senso si segnalano le pronunce 30 luglio 2018, n. 20118, 10 febbraio 2017, n. 3628, 1° febbraio 2016, n. 1898, 1° ottobre 2014, n. 20668 e 4 agosto 2010, n. 18083).
A ciò si aggiunga che la più recente giurisprudenza, pur non rinnegando il principio per cui l’Ufficio deve provare l’intestazione fittizia a terzi dei conti correnti, valorizza a fini probatori il solo dato presuntivo della relazione di parentela (Cass. n. 20449/2011, laddove si afferma il medesimo principio in tema di società di persone).
I principi che precedono sono stati ora ribaditi dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 14 maggio 2019, n. 17537 , depositata lo scorso 28 giugno.
Nell’occasione è stato inoltre confermato i principi secondo i quali:
- la presunzione ex art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 consente all’Amministrazione finanziaria di riferire “de plano” ad operazioni imponibili i dati raccolti in sede di accesso ai conti correnti bancari del contribuente, salva la prova contraria da parte di costui;
- la legittimità della utilizzazione degli elementi risultanti dalle movimentazioni bancarie non è condizionata alla previa instaurazione del contraddittorio con il contribuente sin dalla fase dell’accertamento, posto che il citato art. 32 prevede quel contraddittorio alla stregua di mera facoltà, e non di obbligo, dell’Amministrazione tributaria (Cass., 26 aprile 2017, n. 10249, 5 dicembre 2014, n. 25770 e 28 luglio 2000, n. 9946).