Licenziamenti economici: obbligatoria la reintegra se il fatto è manifestamente insussistente
“È disarmonico e lesivo del principio di eguaglianza il carattere facoltativo del rimedio della reintegrazione per i soli licenziamenti economici, a fronte dell’inconsistenza della giustificazione addotta e della presenza di un vizio ben più grave rispetto alla pura e semplice insussistenza del fatto”: lo ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza 1° aprile 2021, n. 59, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori – nel testo modificato dalla “riforma Fornero” – con riferimento all’art. 3 della Costituzione.
In particolare – si legge in un comunicato stampa diffuso dalla Consulta – “la Corte ha censurato la norma nella parte in cui prevede che il giudice, una volta accertata la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ‘può altresì applicare’, invece che ‘applica altresì’ la tutela reintegratoria”.
Il principio di eguaglianza risulta violato se la reintegrazione, in caso di licenziamenti economici, è prevista come facoltativa, mentre è obbligatoria nei licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo, quando il fatto che li ha determinati è manifestamente insussistente. Non si giustifica un diverso trattamento riservato ai licenziamenti economici, “nonostante la più incisiva connotazione della inesistenza del fatto, indicata dal legislatore come ‘manifesta’”. Inoltre, tale sistema appare irragionevole, in quanto per i licenziamenti economici il Legislatore rende facoltativa la reintegrazione senza offrire all’interprete un chiaro criterio direttivo.