L’impugnazione dell’avviso di accertamento sana i vizi della notifica
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Secondo un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, la tempestiva impugnazione dell’avviso di accertamento rappresenta un atto idoneo a sanare gli eventuali vizi della notifica, a prescindere dal fatto che si tratti di nullità o inesistenza della stessa.
In tal senso si richiama la pronuncia 21 settembre 2016, n. 18480, confermata ora dalla quinta sezione tributaria della Suprema Corte con l’ordinanza 31 ottobre 2018, n. 30794 , depositata lo scorso 28 novembre.
I giudici di legittimità, in particolare, ritengono da tempo quanto segue:
- la notificazione non è un requisito di giuridica esistenza e perfezionamento, ma una condizione integrativa di efficacia; pertanto la sua inesistenza o invalidità non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, “quando ne risulti inequivocamente la piena conoscenza da parte del contribuente entro il termine di decadenza” previsto per la sua impugnazione (Corte di Cassazione 24 agosto 2018, n. 21071; in senso conforme, Cass. 24 aprile 2015, n. 8374);
- la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante qualora l’atto abbia raggiunto lo scopo (Cass. 15 gennaio 2014, n. 654);
- la natura sostanziale e non processuale degli atti impositivi (come l’avviso di accertamento) non osta che ad essi sia applicabile il regime di sanatoria della nullità della notificazione per raggiungimento dello scopo dell’atto, previsto per gli atti processuali dagli articoli 156 e 160 del codice di procedura civile; tale conclusione risulta confermata anche dal richiamo operato dall’art. 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, alle norme sulle notificazioni contenute nel codice di procedura civile (Cass. 31 gennaio 2011, n. 2272 e 21 settembre 2016, n. 18480);
- l’invalida notifica dell’avviso di accertamento è sanata per raggiungimento dello scopo, semprechè tale vizio non abbia pregiudicato il diritto di difesa del contribuente, “situazione che si realizza nell’ipotesi in cui lo stesso, in sede di ricorso giurisdizionale contro l’atto, ne abbia diffusamente contestato il contenuto” (Cass. 27 luglio 2018, n. 19974 e 9 maggio 2008, n. 11043).