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Locazioni non abitative, prelazione esclusa in caso di assegnazione agevolata dell’immobile al socio

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In materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso dall’abitativo, l’art. 38 della Legge 27 luglio 1978, n. 392 disciplina la prelazione e il riscatto a favore del conduttore. Al riguardo, con la sentenza 21 giugno 2019, n. 24223 , depositata lo scorso 30 settembre, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha affermato che tale norma non si applica al caso in cui una società di persona abbia ceduto in via agevolata, ai sensi dell’art. 1, commi 115120, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016), ai propri soci l’immobile concesso in locazione.

Si tratta del regime speciale introdotto per le Snc, Sas, Srl Spa e Sapa che, entro il 30 settembre 2016, assegnavano o cedevano ai soci beni immobili, diversi da quelli strumentali, o beni mobili iscritti in pubblici registri non utilizzati come beni strumentali (la norma della Manovra 2016 si applicava anche alle società che hanno per oggetto esclusivo o principale la gestione di tali beni e che entro il 30 settembre 2016 si trasformvaano in società semplici).

Si ricorda che la richiamata Legge n. 392/78 (“legge sull’equo canone”), nella parte dedicata ai contratti di immobili adibiti ad uso abitativo è stata sostituita dapprima dai cosiddetti “patti in deroga” del 1992 (art. 11 del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modifiche dalla Legge 8 agosto 1992, n. 359 e successivamente dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 431, contenente la disciplina attualmente in vigore.

Per quanto riguarda invece le locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitativo – cioè commerciale e terziario – la citata Legge n. 392/78 è tuttora vigente. Ai sensi della richiamata Legge n. 431/98, in particolare, le parti possono scegliere tra due tipologie di contratto:

  1. il contratto “libero”, in cui il canone può essere liberamente stabilito dai contraenti e la durata è di quattro anni, rinnovabile per altri quattro;
  2. il contratto “assistito”, con una durata di tre anni, rinnovabile per altri due. In tal caso alcune condizioni contrattuali – quali l’ammontare del canone e la durata del contratto – devono essere definite dalle parti sulla base degli appositi contratti-tipo.

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