Qualora il cliente ritenga che il professionista abbia violato i minimi o i massimi tariffari, in sede di ricorso in Cassazione ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati; in difetto, il ricorso è inammissibile. Occorre quindi l’indicazione dell’ammontare delle voci di tariffa che inducono a ritenere superati i limiti massimi previsti in relazione al valore della controversia. È quanto affermato dalla quinta sezione tributaria della Corte di Cassazione con l’ordinanza 19 settembre 2019, n. 5818, depositata lo scorso 3 marzo.
La pronuncia appare in linea con un orientamento ormai consolidato che si è affermato presso la giurisprudenza di legittimità: in tal senso, infatti, rilevano le pronunce della Suprema Corte 21 dicembre 2017, n. 30716, 7 agosto 2009, n. 18086, e 16 febbraio 2007, n. 3651.
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